17. feb, 2017

Qual è il rapporto tra scrivere e fare letteratura.

Su la Repubblica di giovedì 16 febbraio 2017 scrive Raffaella De Santis in un articolo su editoria e scrittori emergenti: <<Se scrivi un curriculum vecchio stampo dicendo che hai studiato filologia romanza hai poche speranze.>> E allora poi perché meravigliarsi se docenti universitari scoprono che gli studenti non conoscono l'italiano? Voglio dire che oggi fare narrativa, farsi notare che sei uno scrittore, devi sbalordire, essere fuori dai canoni (quali, poi?) accademici, in sostanza non devi fare letteratura. Se per te scrivere è entrare in quel mondo straordinario dell'immaginazione poetica, dove significante e significato si sfidano in un duello senza fine, perché ciascuno è  impegnato a scavare nel profondo dei propri segni, fatti di simboli, ma soprattutto di emozioni e sentimenti vitali, non hai nessuna speranza di trovare ascolto in un mercato editoriale votato solo al profitto delle luci della ribalta. Non fa niente, per me la scrittura è letteratura, non è artificio, non è vendere prodotti per un'eco mediatica, e come è stato per gli autori della civiltà greco-latina, è andare alla ricerca del senso e ciò è possibile se metti in gioco la tua stessa vita personale. Ed è su questa che cresce l'immaginazione poetica. E puoi star sicuro che l'ispirazione alla creazione letteraria sarà genuina e vitale.

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