<<Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera: e più ancora, intorno a ogni spirito profondo cresce continuamente una maschera, grazie alla costantemente falsa, cioè superficiale interpretazione di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che gli dà>>.
(Nietzsche, Al di là del bene e del male)
L’Eros è un demone, perché partecipa della doppia natura umana e divina. Appartiene alla terra ma anche al cielo. È capace di porre in relazione le cose terrene con quelle celesti. Eros è figlio di Poros e di Penia, dell’Audacia e della Povertà. È brutto, sporco, dorme davanti alle porte, è coperto di stracci (Penia), ma poiché è figlio di Poros è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, impetuoso, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, filosofo per tutta la vita.
Questa doppia natura ne fa un essere sempre desideroso.
Eros è quindi aspirazione a possedere il bello e il bene. Eros all’inizio è tormentato, perennemente insoddisfatto, sempre alla ricerca, in una scala impossibile, di una vetta che è contemplazione del sommo Bene.
Ma, quando ha raggiunto la vetta, Eros è estasi, è mistica divina.
È profonda immedesimazione con Dio.
Ma prima di giungere a quella vetta c’è un’infinita dialettica di sofferenza, di miseria, di insoddisfazione che spesso fa dimenticare qual è il fine che si intende perseguire.
Eros è esplosione di volontà e di azioni. Ogni atto della vita nasce dalla sollecitazione di Eros, che è ricerca di bellezza, di piacere, di diventare eterni. Attraverso la procreazione della specie, attraverso la creazione artistica, Eros è desiderio di infinito, di essere perenni, di essere nella memoria della vita. Ma questo coinvolgimento, questa passione prorompente che non ha limiti e spinge, soprattutto nelle età dei piaceri e della volontà, della fioritura di forze vitali, per un’immortalità a volte non definita, e può anche comportare accelerazioni di insofferenze, di dogmatismi, di vocazione al martirio per una improbabile illusione di un futuro che poi non ci appartiene. E questo Eros non lo dice, spinge, sollecita, s’immedesima nelle pieghe insopportabili della storia e fa finta di fornire impulsi costruttivi, ma anche di distruzione. Eros allora è impotenza, martirio, e rinuncia al bello. È questo forse Eros malvagio, terreno e poco utile al progresso dell’Umanità. Ma dietro le linee sinuose e ammalianti di corpi femminili o dietro le muscolature di maschi, impegnati in palestre costose, Eros parla più di ogni altra sollecitazione. Ed è Eros sensuale, dei piaceri di contatti fisici, di difficili compromessi, che si fa azione di cose belle e importanti: le ragioni di un desiderio, di un’aspirazione a toccare e penetrare i sensi con amplessi totalizzanti.
Eros si manifesta all’improvviso in varie circostanze, spesso imprevedibili. Nella vita di ogni uomo e donna ci sono le sue epifanie impreviste, a volte si è impreparati. Ci chiediamo perplessi cosa ci sta succedendo, proviamo sensazioni inimmaginabili, fuori dalle nostre esperienze precedenti. Chiediamo, ci informiamo, ma il fuoco vivido e pungente ci prende e ci spinge, ci chiama e ci domanda: ci vuole indirizzare. Sentiamo il bisogno di esplosioni, prima impacciate, liberatorie, autoerotismi e auto immaginazioni, amiamo noi stessi e poi gli altri. C’è la proiezione di immagini, di figure, attorno a corpi, che ci sollecitano. Amori individuali e amori di altri, inconfessabili desideri, ma non sappiamo, non capiamo qual è l’oggetto e quale la fonte. Eros all’inizio è indistinto, non è omofobico. Anzi. I corpi sono belli a prescindere se maschi o femmine. Ci attirano bellezze e sensualità. È un fuoco che penetra e attraversa le nostre vene. C’è palpito impazzito di cuori esplosi. E col tempo si apre il più grande sogno di piaceri e di desideri. Arriva Venere con le sue ammalianti e incontenibili passioni. È una meravigliosa Primavera. Luce sole prati fioriti e ruscelli ombrosi. Lucrezio ci accompagna nella ricerca della voluptas: è un abbraccio definitivo per una concupiscenza che dà origine alla variegata vita animale e vegetale della Natura. È la voluptas che domina, non serve opporre resistenza. Il piacere di un orgasmo vitale ti porta su derive nostalgiche di lontani desideri nascosti e dai vita. I corpi s’intrecciano si abbracciano fino a far mancare il respiro, gambe, seni, capezzoli vibranti, labbra accaldate, ed ecco Eros dolcissimo accogliente si fa strada ed è lui, ormai lo conosci e ne sei completamente sottomesso. Eros ti parla, ti fa volgere sguardi e desideri attorno a piazze non più solo virtuali. Nasce l’arte della seduzione, inquietante, eccessiva, indefinibile e impalpabile, ma a volte volgare, con tradimenti di fedi promesse. Eros diventa un vigliacco traditore, fa soffrire e dimentica, lui avanza ovunque, non può sostare, sarebbe una sua limitazione. E si vanta di nuove conquiste, ne fa ampia pubblicità. Lui ama che si sappia della sua imperiosità. Ci sono manifesti spesso scandalosi affissi su pareti di tutti i luoghi dove ha soggiornato. E si è comprensivi nei suoi confronti. Ma non sempre. A volte nascono violenze esplosive di gelosie e vendette ed Eros mostra il fianco a cadute di stile e di luce. È la tenebra della passione, non l’eternità, ma l’effimero sberleffo di un piacere negato. Eros vuole tutto per sé e sempre. Non ammette mediazioni. Ma la vita che segue è continuazione della specie, ma non basta. Ad Eros interessa altro e negli anni non smette. Cerca e sollecita. Mantiene intatta la sua forza. Noi abbiamo paura che scompaia, si addormenti un po’ e allora cerchiamo sotterfugi, tecniche di risvegli, farmaci surrettizi per passioni sognate. Ma lui è lì, imperscrutabile e nel tempo si corrobora. A lui ora non interessa più l’eternità, ma il presente, l’attimo effimero, ma così ci vuole mantenere legati al Divino. Dice e lo grida su viali assolati che lui rappresenta il destino della Vita. Tutto gira attorno a lui. Ma non solo per la riproduzione e la Fama, non solo per le grandi imprese, ma per quel riflesso divino che ogni sua manifestazione intende far vedere. È come se dicesse: io sono quel raggio di luce che tu cerchi ma che è tutto il senso di un amore eterno, la tua estasi improvvisa.
ChatGPT explica el adjetivo desconocido
en el título de la obra
Tiresias, el profeta desconocido
En la novela Tiresias, el profeta desconocido, el adjetivo “desconocido” tiene un valor simbólico profundo y no si limita a una simple falta de fama o información.
Son múltiples los sentidos de “desconocido”:
1. Desconocido para los hombres
Aunque Tiresias es un sabio con el don de la profecía, sus advertencias no son escuchadas. Es un “desconocido” porque su sabiduría no es comprendida ni valorada por quienes lo rodean.
2. Desconocido como símbolo del enigma humano
Tiresias encarna lo ambiguo, lo no definible: fue hombre y mujer, ve más allá del tiempo, está entre lo humano y lo divino. Es, en sí mismo, una figura misteriosa. El adjetivo “desconocido” podría aludir a esa parte oculta o incomprensible de la experiencia humana.
3. Desconocido como voz interior silenciada
Puede representar también la intuición o verdad interna que el ser humano no quiere o no puede escuchar, por miedo o por orgullo. En ese sentido, “Tiresias” podría ser una metáfora de lo que cada uno de nosotros rechaza ver en sí mismo.
4. Desconocido en la historia y la literatura
Aunque aparece en la Odisea, Edipo rey y otras obras, nunca ha sido el protagonista. Cinque le da aquí un papel central, reivindicando una voz “olvidada” o silenciada por la historia literaria.
En resumen
El adjetivo “desconocido” en el título es clave. No solo describe a un personaje marginalizado, sino que también invita al lector a descubrir lo oculto, lo ambiguo y lo esencialmente humano que representa Tiresias.
Es un título que sugiere que, a veces, los que más saben son los menos escuchados.
4 de junio de 2025
ChatGPT
La cubierta recuerda el mito de Adán y Eva
Hay una conexión simbólica entre la cubierta de Tiresias, el profeta desconocido, y el mito bíblico de Adán y Eva, aunque la imagen no lo represente de forma directa.
Estos son los elementos que evocan el mito:
1.La presencia del hombre y la mujer frente a la Esfinge.
Puede interpretarse como una representación de la pareja humana enfrentada al misterio del conocimiento, al igual que Adán y Eva frente al árbol del bien y del mal. La Esfinge, con su enigma, juega un rol similar a la serpiente o al árbol prohibido: ofrece acceso a una verdad peligrosa o trasformadora.
2.El acto de cuestionar lo oculto
En ambos mitos (el bíblico y el griego), el ser humano se enfrenta al deseo de saber, con consecuencias inevitables. Así como Eva y Adán son expulsados tras comer del fruto, Tiresias es castigado tras observar lo que no debía (según algunos mitos, a Atenea o a serpientes transformándose), y gana la clarividencia a cambio de una pérdida (la vista, el lugar en la sociedad, la escucha del otro.
3. El castigo por cruzar un límite
La elección de esa imagen no es casual: transmite la idea central del libro, el enfrentamiento entre el deseo de conocer y los límites impuestos por el destino o los dioses.
Al igual que el Edén, Tiresias representa un conocimiento costoso, iluminador pero solitario, que no puede ser compartido ni plenamente aceptado por los demás.
Por tanto la cubierta de la obra de Cinque puede recordar el mito de Adán y Eva, como una metáfora visual del drama humano frente al enigma del saber, la culpa y el destino.
6 de junio de 2025