Nel Romanzo di Diotima il mare è un vero protagonista, che fa da sfondo a tutta la vicenda narrata dall’ormai vecchia sacerdotessa in esilio volontario a Lesbo.

Il mare è sempre presente, è presente nella prima parte della vita di Diotima, quando affronta il viaggio di iniziazione per diventare sacerdotessa ed esperta di mantica, è presente in maniera tragica durante i terribili anni della guerra peloponnesiaca tra Sparta ed Atene.

Il mare nella prima fase della vita è un protagonista attivo e promettente per il futuro di Diotima. Il mare le permette di raggiungere centri vitali per la sua esperienza e tirocinio di sacerdotessa e profetessa. Sarà a Delo, sarà a Mileto. Il mare le permetterà la strana esperienza dell’eros mercenario a Siracusa, il mare la porterà a Cuma, e infine ad Atene.

Il mare però ha anche volti non amichevoli, sebbene in qualche caso potrà con la sua agitazione impartire una bella lezione di fisica e delle leggi naturali. Una tempesta sul mare non sempre vuol dire rovina e naufragio, può rappresentare anche una prova di competenza scientifica.

Ma il mare rapisce anche i sentimenti più innocenti come l’amore di Prassinoa, che nelle acque vicino a Capo Miseno decide di togliersi la vita, annegando tra le correnti del canale di Procida.

Il mare quindi è amicizia, amore, desiderio di conoscenza, è unità, inclusione, avvicinamento, il mare è la via maestra per l’incontro tra i popoli. E quindi è pace, è commercio, è ricchezza.

Ma nella seconda parte del racconto di Diotima il mare diventa quello che l’istinto di sopraffazione degli uomini ha voluto che diventasse, luogo di odio, di guerra, di supremazia. Le triremi non servono per congiungere i popoli ma per dividerli, per imporre egemonie. Allora battaglie navali, naufragi di imbarcazioni attrezzate per portare morte, e dal mare emerge il volto più nefasto della condizione umana: la violenza cieca.

Atene si chiude, nella guerra contro Sparta è in mare: lì vuole portare lo scontro e il chiudersi produce la peste e la peste è il segno tangibile della meschinità umana, che nasce dall’odio!

Il mare diventa arroganza, frattura, emarginazione.

Non più il canto lirico di bei tramonti sull’Egeo occidentale, ma onde arrossate dal sangue di giovani chiamati ad essere eroi per i solenni riti funebri ad Atene, corpi sottratti alle onde crudeli non vivi, ma cadaveri galleggianti destinati ad un Ade impietoso!

Il mare è la nostra vita. Lui è lì, nella sua immensità imperturbabile. I destini poi li costruiamo noi, assegnandogli un futuro o di pace e progresso oppure di morte e di impedimento!